lunedì 2 gennaio 2023

Corso HIT PARADE: Lezione 16/16 2020

2020 A un passo dalla luna

https://youtu.be/Kh-Dz1Fuo1E 

2021 Malibù

https://youtu.be/8RwFEcQ36Z4 

Corso HIT PARADE: Lezione 15 2000-2010

2000 I'm outta love
https://youtu.be/TnOy6HEf7HU 
2001 Can't get you out of my head

https://youtu.be/c18441Eh_WE L'Italia vacanziera non si era ancora ripresa dalle "Tre parole" dell'aspirante meteora Valeria Rossi che già un nuovo tormentone si preparava ad allietare (o assillare, secondo i punti di vista) le grigie giornate autunnali del Vecchio Continente. "Can't get you out of my head" di Kylie Minogue non era altro che l'ennesimo tentativo di riscatto da parte di una bambola pop che, dopo avere dominato le classifiche europee con brani usa-e-getta come "I should be so lucky", rischiava di finire per sempre in soffitta.

La biondina, di origini australiane ma inglese d'adozione, decide di farsi aiutare da un'altra ex protagonista della dance internazionale, Cathy Dennis ("C'mon and get my love", "Just another dream"), che scrive per lei una canzoncina come tante, neanche troppo orecchiabile ma munita di un'astuta cantilena, un la-la-la che s'infila un pò dappertutto lasciando senza difese anche l'ascoltatore più smaliziato. E' bastato condire il tutto con sonorità elettroniche rubate alla "scuola francese" dei Daft Punk e scoprire qualche centimetro di pelle in più nel patinatissimo video ad accompagnamento (dove, giurano i maligni, il corpo della cantante é stato generosamente ritoccato) per raggiungere nuovamente il vertice delle classifiche e riconquistare il titolo di reginetta del pop di consumo. In Italia il pezzo fa sgambettare fino allo stremo le varie soubrettine del piccolo schermo e, proprio grazie ai numerosi passaggi televisivi oltre che radiofonici, resta ancorato per tre mesi alla prima posizione.


Anche l'album "Fever", da cui l'hit é tratto, ottiene un lusinghiero e duraturo successo sfornando per più di un anno gustosi singoli danzerecci, il più riuscito dei quali sembra essere "Come into my world". Risultato: cambiano le veline ma la vera eroina dei famosi "stacchetti" é sempre Kylie.

2002 Whenever wherever

 https://youtu.be/weRHyjj34ZE

2003 Lose yourself

 https://youtu.be/_Yhyp-_hX2s

2004 F**k it (I don't want you back)

 https://youtu.be/QYwyaCd8MyI

2005 Hung up


 https://youtu.be/EDwb9jOVRtU

2006 Hips don't lie

 

 https://youtu.be/DUT5rEU6pqM

2007 Grace Kelly

https://youtu.be/0CGVgAYJyjk

2008 Viva la vida

https://youtu.be/dvgZkm1xWPE

2009 Poker face

https://youtu.be/bESGLojNYSo

2010 Waka Waka (This time for Africa)

https://youtu.be/pRpeEdMmmQ0

2011 Someone like you 

https://youtu.be/hLQl3WQQoQ0 

2012 Diamonds

https://youtu.be/lWA2pjMjpBs

2013 Scream and shout

https://youtu.be/kYtGl1dX5qI

2014 Bailando

https://youtu.be/NUsoVlDFqZg

2015 Roma-Bangkok

https://youtu.be/GCPQ6_F-xfo

2016 Sofia

https://youtu.be/qaZ0oAh4evU

2017 Shape of you 

https://youtu.be/JGwWNGJdvx8

2018 Torna a casa

https://youtu.be/ZZjnfWx0cvw

2019 Una volta ancora

https://youtu.be/4R5mDpIgwUs

Corso HIT PARADE: Lezione 14 1980-1990

1980 My Sharona


https://youtu.be/bbr60I0u2Ng


La rivista "Rolling Stone" li aveva paragonati addirittura ai Beatles. Ma il lusinghiero accostamento non portò molta fortuna ai Knack che, dopo avere venduto milioni di copie del loro album d'esordio e sbaragliato ogni concorrenza nelle classifiche internazionali con il primo singolo "My Sharona", andarono incontro ad un destino travagliato fatto di scioglimenti, ricostituzioni, rimpasti e soprattutto dischi di scarso successo.

Formatisi a Los Angeles nel 1978, i quattro componenti del gruppo (Doug Fieger, voce e chitarra ritmica, Berton Averre alla chitarra, Bruce Gary alla batteria e Prescott Niles al basso) si concentrano inizialmente sull'attività dal vivo, facendosi notare dalla stampa musicale che conta e guadagnandosi la stima di personaggi del calibro di Bruce Springsteen, Tom Petty ed Eddie Money che li fanno suonare nei loro concerti. Nel 1979 entrano in studio con il produttore Mike Chapman ed incidono i brani del loro primo disco "Get the Knack" in meno di due settimane e con un budget di appena 18.000 dollari. "My Sharona" farà tutto il resto: con un riff di chitarra ritmica che cattura immediatamente l'ascoltatore, un motivo da cantare a squarciagola e due esaltanti intermezzi di chitarra elettrica che rafforzano una struttura musicale un pò gracile, il pezzo raggiunge il numero uno negli Stati Uniti e fa impennare le vendite dell'album, che conquista il disco di platino nel tempo record di sette settimane.


In Italia questo esempio di "power pop", dedicato ad una ragazza difficile da conquistare ed intrigante almeno quanto il suo nome (Sharona, per l'appunto), entra in classifica solo nel Gennaio del 1980, ma vi rimane per molti mesi occupando anche la prima posizione e preparandosi a divenire uno dei 45 giri più venduti dell'anno.


Nel 1994 la canzone viene inclusa nella colonna sonora del film "Reality bites" (da noi intitolato, con la consueta fedeltà all'originale, "Giovani, carini e disoccupati") e vive così una seconda giovinezza, grazie anche ad un remake del video, trasmesso dai principali network musicali, nel quale le immagini in bianco e nero del gruppo si alternano a quelle di Winona Ryder e degli altri protagonisti della pellicola.


1981 Out here on my own


https://youtu.be/lxTt5QmPSqI


Nella storia di "Out here on my own" incontriamo tre ragazzine prodigio, la scuola d'arte drammatica più...famosa della storia del cinema e comparse di lusso come Quincy Jones, Frank Sinatra e (si parva licet) Tony Renis. Tutto ha inizio con una sedicenne di nome Lesley Gore che nel 1963 esplode nelle classifiche statunitensi e inglesi con un pezzo intitolato "It's my party". Tipico esempio di pop adolescenziale che arriverà anche in Italia col titolo "La mia festa" grazie all'interpretazione di Richard Anthony. L'originale é prodotto da Quincy Jones, che avremo modo di ritrovare più avanti. 


Sul finire del decennio, la Gore abbandona in parte l'attività di cantante per dedicarsi soprattutto a quella di autrice di canzoni. Ma non succede nulla di speciale fino al 1980, anno in cui il fratello Michael compone la colonna sonora del musical cinematografico "Fame" e le chiede di scrivere il testo  di una delle canzoni, la romantica "Out here on my own". Nel film il pezzo é eseguito al pianoforte da Irene Cara che veste i panni della portoricana Coco Hernandez, un'allieva dell'accademia di New York dove ragazzi di diverse provenienze ed estrazioni sociali, accomunati dalla sola ambizione di sfondare 

nel mondo dello spettacolo, si sottopongono quotidianamente a dure lezioni di ballo, musica e recitazione.


E, naturalmente, di vita. La storia e i personaggi li conosciamo un pò tutti, anche perché sono stati ripresi da una serie televisiva dallo stesso titolo (quello italiano é "Saranno famosi"), che ha avuto un largo seguito anche da noi. E alla quale Irene Cara non ha preso parte, a differenza di molti altri componenti del cast originario. 


"Out here on my own" é il tipico pezzo "da musical", con l'eroina di turno che rivolge il pensiero ad un amore lontano e in esso trova la forza di lottare da sola per realizzare i suoi sogni di successo e fama ("ma queste cose costano..." aggiungerebbe prontamente la professoressa Grant se ci trovassimo nel  telefilm). Frasi scontate come quelle che si ascoltano nel refrain ("quando sono giù e mi sento triste, chiudo gli occhi così posso stare con te; amore, fatti forte per me, appartienimi, aiutami, ho bisogno di te) acquistano maggior vigore e credibilità grazie ad una voce ricca di pathos e personalità, che lascia trasparire una padronanza del mestiere da interprete consumata. E Irene, pur essendo molto giovane (ha poco più di vent'anni), può quasi vantarsi di esserlo, visto che a soli otto anni incideva già il suo primo LP. 


Il pezzo ottiene una candidatura agli Oscar come miglior canzone tratta da un film; in quell'edizione degli Academy Awards Irene Cara si ritrova a gareggiare contro se stessa, poiché é anche l'interprete del tema principale di "Fame", nominato nella stessa categoria. La spunta quest'ultimo, ma "Out here on my own" é comunque un successo che arriva fino al diciannovesimo posto della classifica statunitense e alza ulteriormente le quotazioni dell'artista newyorkese. Tanto é vero che il suo nome comparirà anche tra le candidature dei Grammy Awards (come miglior nuova interprete) e dei Golden Globe (come miglior attrice del genere "commedia e musical"). E la storia potrebbe tranquillamente concludersi qui. Se non fosse per un'inconsueta "coda" italiana che, sorprendentemente, ribalterà il sostanziale nulla di fatto della canzone presso il pubblico non statunitense, facendola arrivare al successo anche in Europa e in Sudamerica.


Siamo nei primi mesi del 1981. Il celebre musicista, arrangiatore e produttore italo-americano Don Costa arriva nel nostro paese con la sua orchestra per una serie di concerti dedicati alle canzoni dei Beatles. 


Portandosi dietro (ahinoi) anche la figlia Nikka di soli nove anni. Per chi é nel giro, non é un mistero che il padre stia facendo di tutto per farla diventare una piccola star della musica: la porta sempre con sé nei suoi studi di registrazione di Los Angeles, dove entrano ed escono di continuo personaggi del calibro di Frank Sinatra, che é anche il padrino di Nikka, e Quincy Jones (eccolo di nuovo), e la fa cantare in pubblico non appena se ne presenti l'occasione. Cosa che avviene puntualmente anche durante il concerto di Milano. Quella sera in sala ci sono Tony Renis, amico personale di Don Costa che ha agevolato la sua calata in Italia, e il musicista e produttore Danny B. Besquet. Gli elementi per un lancio in grande stile della sventurata bimba con i boccoli biondi e lo sguardo da adulta, a questo punto, ci sono tutti. I due talent scout le procurano un contratto con la CGD e si mettono in cerca del pezzo giusto da farle cantare. 


E alla fine scelgono la strada più facile: riciclare un successo già collaudato altrove. Tanto non se ne accorgerà nessuno, perché l'attenzione sarà inevitabilmente attirata più dall'interprete che non dalla canzone in sé. "The singer not the song", per dirla con i Rolling Stones.

La scelta finale cade proprio su "Out here on my own", che in Italia conoscono in pochi e che sembra avere i giusti requisiti per raggiungere un vasto pubblico. Compresi, naturalmente, i bambini, divenuti ormai fondamentali per il mercato dei dischi a 45 giri, come dimostra il fatto che, nonostante il settore sia in calo da alcuni anni, le sigle dei cartoni animati e, in generale, le canzoni adatte all'infanzia continuino a vendere come generi di prima necessità.


Il singolo di Nikka Costa, prodotto da Renis e Besquet e leggermente semplificato nel titolo (ora le prime due parole sono tra parentesi), esce in primavera, corredato da un videoclip che alterna immagini nelle quali la piccola canta davanti ad un microfono sotto l'amorevole sguardo del padre ad altre di "finta" vita familiare dove si fa di tutto per ritrarla come una bambina normale, che scherza serena col papà, si diverte tra mille giocattoli e coccola il suo gatto; inutile dire che la relativa visione desta una tristezza 

infinita, oggi ancora più di allora. Anche perché si capisce da lontano un miglio che Nikka quella vita da bambina normale vorrebbe averla davvero. La stampa, le polemiche sul malsano utilizzo della minore da parte di un padre troppo ambizioso e le immancabili imitazioni (simpaticissima quella di Gigi Sabani a "Fantastico2") fanno il resto. Nei mesi estivi il singolo, forte anche di una buona promozione televisiva, balza in testa alla hit parade e ci rimane per quattordici settimane. Roba da fare impallidire i Baglioni e i Battisti dei tempi migliori e arrossire di vergogna tutti quelli che hanno abboccato acquistando il disco. 

Come da copione, a Nikka viene concesso di incidere un intero album a suo nome; gli arrangiamenti e la direzione sono, naturalmente, di Don Costa, che suona anche la chitarra e compone un paio di pezzi. Questi dischi non sono pubblicati, però, negli Stati Uniti, dove la bambina rimane una illustre sconosciuta; in compenso, è famosissima in Sudamerica, dove può permettersi di aprire un concerto dei Police a Santiago del Cile di fronte a trecentomila persone.


Nel 1983 Nikka perde il padre. Non sentiremo più parlare di lei fino al 1990, anno in cui, giunta ormai alle soglie della maggiore età, ricompare a tradimento al Festival di Sanremo per doppiare in inglese "Vattene amore". Oggi fa la cantante funky-blues, la sua musica e la sua voce non sono niente male ma il successo, quello vero, non lo ha mai riacciuffato. Saranno famosi? Beh, non sempre.


1982 Avrai 



https://youtu.be/85M-TH-66PY


Baglioni diventa papà nel 1982 ed essendo un cantante che per giunta si scrive da sè le canzoni, pensa bene di scrivere al piccolo Giacomo una ninna nanna tutta per lui, una specie di viatico, di augurio per la vita che sta cominciando.

Gli spiega quello che sarà e che potrebbe essere, che la vita non è sempre "en rose" e che verranno i momenti belli e, fatalmente, quelli meno belli. Il tutto usando il futuro (tempo verbale), perchè un bambino appena nato non ha che quello davanti a sé. Un futuro agrodolce, raccontato senza falsi trionfalismi o eccessivi pessimismi. Un ponte tra Strada facendo, il suo ultimo disco uscito nel 1981, e quello che fra tre anni sarà il suo nuovo lavoro da studio, La vita è adesso.

Avrai è il titolo della canzone ed arriva immediatamente in vetta alla classifica dei singoli più venduti. E' prodotto ed arrangiato da Geoff Westley, già collaboratore di Lucio Battisti, ed è giocato, come in Poster, tutto sulla voce di Claudio, sull'uso del piano e sull'utilizzo di archi lontani che mano mano crescono, così come l'intensità della melodia, che parte quasi intimistica e sfocia passionale.

Claudio Baglioni è impegnato in un maxi tour, nato per il bisogno di tornare a cantare dal vivo, senza motivi meramente promozionali. Un pubblico affettuoso come pochi (solo Renato Zero riesce ad avere attorno a sé altrettanti appassionati sostenitori) che canta insieme a lui i vecchi e nuovi successi. Una voce intonata ed un'estensione magnifica. Un successo che si ripeterà all'uscita del suo primo album dal vivo Alé-oo che raccoglie i momenti più significativi della tournée iniziata nel dicembre 1981 e ripresa in estate. A "Vota La Voce" vince il Telegatto come migliore interprete maschile.

1983 Vacanze romane


https://youtu.be/0TAeVsu0-Vk


Sotto i riflettori di Sanremo 1983 i Matia Bazar, vestiti con guanti bianchi e abito di gala come un'orchestra d'epoca, propongono una sorprendente operazione-nostalgia e vincono un meritatissimo Premio della Critica. "Vacanze romane" è un elegante ballabile a tempo di beguine che rispetta la tradizione della canzone italiana, e che avrebbe fatto bella figura anche in un Festival di trent'anni prima. Evocativo fin nel titolo di anni ormai lontani e irripetibili, con un testo pieno di intelligenti citazioni, il brano si impreziosisce dei registri da soprano leggero della voce di Antonella, che dà risalto alla classicità della melodia e, al tempo stesso, la contrappone alla spigolosità dell'arrangiamento elettronico.

Questo riuscitissimo esperimento di fusione tra suoni sintetizzati e tradizione melodica sarà l'unico brivido (assieme a Vasco Rossi con "Vita Spericolata") di una edizione del Festival in cui trionfa la banalità e l'anonimato. "Vacanze romane" segna la svolta elettro-pop dei Matia, e sarà inserito in "Tango", uno dei migliori album non solo del gruppo, ma di tutta la discografia italiana degli anni ottanta.


Stupendo esempio di pop morbido, dal sapore vagamente ed ironicamente retrò, questo pezzo targato Sanremo 1983 ci presenta dei Matia Bazar in formato inconsueto, che puntano su una miscela inedita di rock elettronico e di melodia, con largo uso di mezzi scenici (acconciature, microfoni d'epoca, abbigliamento) atti a ricreare un'atmosfera nostalgicamente anni '40. Il tutto è sublimizzato dalla fantastica voce di Antonella Ruggiero, capace di vocalizzi spericolati nonché dotata di ottima presenza scenica.


Con la sua figura esile, sottolineata da abiti e gonne aderenti, l'artista genovese col suo charme un tantino demodè e la voce robotica da soprano leggero, proietta in un futuro incerto un passato irrimediabilmente perduto.


1984 Fotoromanza



https://youtu.be/3UAyNUnpPnI


Il grande successo discografico per Gianna Nannini arriva nel 1984 con un brano musicalmente banale, ma di grande presa presso il pubblico della radio e della televisione. Una giusta miscela tra melodia all'italiana e hard rock, con un'adeguata dose di elettronica sono gli ingredienti di "Fotoromanza", una serenata un po' sguaiata che ironizza sui grandi amori, un po' scioccanti, un po' soffocanti, qui paragonati a finte sul ring o a camere a gas.

L'album "Puzzle", di cui "Fotoromanza" è il brano trainante, è dotato sicuramente di un grosso potenziale commerciale, tanto da scalare rapidamente le classifiche di pari passo con il singolo, che arriva al primo posto nell'estate 1984 e vince anche il Festivalbar, in un momento in cui l'Italia vive un secondo boom economico e una effimera stagione di euforia finanziaria.


"Fotoromanza" ispira anche un guru della nostra cinematografia, il regista Michelangelo Antonioni, che accetta di dirigere un videoclip in cui, senza slanci di originalità, si limita a visualizzare con pedissequa precisione le immagini descritte nei versi della canzone. All'epoca tutti gridano al capolavoro, ma il risultato è discutibile e datato.


All'estero "Fotoromanza" miete successi senza precedenti, ma paradossalmente sarà quasi ignorato dal pubblico tedesco (secondo pubblico in ordine di importanza per la Nannini), che sembra preferire brani in cui il rock scende a minori compromessi con la melodia.


1985 We Are The World



https://youtu.be/s3wNuru4U0I


Il 28 gennaio 1985 le più importanti star della musica americana sono riunite a Los Angeles per partecipare alla cerimonia di consegna degli American Music Awards, una sorta di Oscar della musica analogo al più famoso Grammy. Nella stessa serata, negli A&M Studios della stessa città, quegli stessi personaggi daranno vita alla storica registrazione di uno dei singoli più venduti della storia della musica pop.

Nata per scopi benefici, USA FOR AFRICA è il nome della band messa su per l’occasione e come poteva intitolarsi la canzone, se non "Noi siamo il mondo", con la megalomania che contraddistingue gli americani? Cerchiamo di capire passo per passo come è nata We Are The World.

Pochi mesi prima, Bob Geldof aveva messo insieme nel progetto Band Aid numerosi artisti inglesi quali Phil Collins, David Bowie, Paul Mc Cartney, Sting, i quali, incidendo Do They Know It's Christmas? avevano raccolto circa 8 milioni di dollari a favore delle popolazioni africane colpite da guerre e carestie.

Harry Belafonte aveva fatto alcuni concerti di beneficenza per le popolazioni africane e pensò di sfruttare a fondo l'idea con un 45 giri non-profit mettendo insieme un certo numero di artisti di colore. Si era rivolto per primo a Ken Kragen, manager di Lionel Richie, che si dichiarò entusiasta del progetto, e successivamente a Stevie Wonder. Richie a sua volta contattò Quincy Jones e Michael Jackson. Da qui in poi aderirono numerosi altri artisti anche bianchi, e data l'enorme difficoltà di far coincidere i numerosi impegni di lavoro, si pensò appunto di sfruttare la data dei Music Awards per poter riunire tutti senza ricorrere all'antipatico sistema delle multi-sessioni, molto più comodo dal punto di vista tecnico, ma meno soddisfacente dal punto di vista artistico e umano.


A Lionel Richie si deve l'idea musicale del brano: il ritornello We are the World, We are the Children è opera sua, mentre la parte introduttiva e il bridge sono stati poi aggiunti da Michael Jackson. Nel giro di soli quattro incontri, il brano viene completato. In extremis sarà apportata una piccola modifica al testo, laddove There's a chance we're taking, we're taking our own lives potrebbe dare l'idea del suicidio e verrà sostituita con There's a choice we're making, we're saving our own lives. L'orchestrazione è in gran parte elettronica, in puro stile anni ottanta, basata su suoni sintetizzati e tastiere programmate dal mago Humberto Gatica. Per realizzarla, il 22 gennaio vengono chiamati alcuni sessionmen di spicco agli studi Lion Share di Kenny Rogers: tra loro Steve Porcaro dei Toto e altri nomi meno noti al pubblico.


Quincy Jones, oltre che produrre e arrangiare il disco, si fa carico del difficile lavoro di smussare gli egocentrismi e le rivalità delle star. 50 cassette-guida su cui studiare la parte di canto vengono inviate ad altrettanti artisti, con l’assoluta raccomandazione di non far trapelare nulla a chicchessia e di riportare la cassetta il 28 gennaio sera. Con tatto Quincy Jones cerca di far capire a ciascuno il ruolo che deve avere nell'incisione (molti non avranno una parte solista, ma solo una voce nel coro). La sera della registrazione prega tutti di lasciare fuori dalla porta le smanie di protagonismo (sembra che Madonna e Prince non abbiano partecipato al progetto proprio per difficoltà del genere) e arriva perfino ad attaccare di persona sul pavimento della sala d'incisione dei pezzi di nastro adesivo con i nomi degli artisti (si vedono anche sulla copertina del disco) per assegnare i posti cercando di non urtare le suscettibilità di nessuno.


L’appuntamento è fissato per le dieci di sera ma Jacko arriva un'ora prima per registrare una particolare versione del coro con la sua voce che sarà quella definitiva. Perchè alle dieci di sera (ore sette del mattino in Italia)? Perchè due ore prima finisce la diretta televisiva degli America Music Award e bisogna dare tempo a qualcuno dei sicuri premiati di raggiungere il luogo dell'appuntamento.

Uno ad uno arrivano. La lista dei nomi è veramente impressionante: Billy Joel, Diana Ross, Bob Dylan, Ray Charles, Cyndi Lauper (premiata due ore prima insieme a Lionel Richie), Paul Simon, Tina Turner, Dionne Warwick. Questo tanto per fare dei nomi. Bruce Springsteen vola a Los Angeles direttamente da Syracuse al termine di un concerto di quattro ore: la voce del Boss sarà rauca e affaticata, ma particolarmente emozionante. Arriva anche Bob Geldolf dall'Inghilterra e viene accolto da un applauso, unico straniero in un gruppo tutto stelle e strisce.

La registrazione viene seguita da 500 invitati speciali tra cui Jane Fonda, Ali McGraw, Steve Martin tramite un circuito chiuso televisivo.

C’è qualche problema nella registrazione delle parti armoniche. Stevie Wonder propone di sostituire una strofa in swahili ma Geldof gli ricorda che gli etiopi non parlano swahili. Alle tre e dieci del mattino si concordano gli interventi in duetto che sono: la Turner con Billy Joel, Wonder con Lionel Richie, Kenny Rogers e Paul Simon, Willie Nelson con la Warwick e Huey Lewis con Cyndi Lauper che chiede a Quincy Jones se può improvvisare una frase quando è il suo turno e difatti il suo intervento vocale è particolarmente vibrante ed intenso. Alle cinque si registrano le parti soliste e tocca a Bob Dylan e Ray Charles, che improvvisano nel lungo finale in stile gospel.


Le stars di cui si individua la voce, nell'ordine, sono: Lionel Richie, Stevie Wonder, Paul Simon, Kenny Rogers, James Ingram, Tina Turner, Billy Joel, Michael Jackson, Diana Ross, Dionne Warwick, Willie Nelson, Al Jarreau, Bruce Springsteen, Kenny Loggins, Steve Perry, Daryl Hall, di nuovo Michael Jackson, Huey Lewis, Cyndi Lauper, Kim Carnes, Bob Dylan e Ray Charles.

Nel coro figurano: Harry Belafonte, Lindsey Buckingham, John Oates, Bette Midler, Smokey Robinson, The Pointer Sisters, Jackie, Marlon, Randy, Tito e LaToya Jackson, Jeffrey Osborne, Bob Geldof, Sheila E., Waylon Jennings e Dan Aykroyd. Quest'ultimo non partecipa in quanto cantante (pur avendo interpretato nei Blues Brothers un componente del duo) ma in rappresentanza del mondo del cinema.


Alla fine tutti gli artisti, tra saluti e abbracci, si congratulano per il lavoro svolto, si fanno i complimenti e si scambiano perfino gli autografi! Alle sei del mattino rimangono solo i tecnici per le necessarie procedure di post-produzione.

Ken Kragen telefona a Lionel Richie alle sette e mezza: appena sentito il nastro finito, non ha potuto fare a meno di piangere dall’emozione (forse anche al pensiero di quanti soldi avrebbe fatto questo disco). La realizzazione del brano non ha portato via più di otto ore in totale. Solo una nottata per sette minuti di musica in cui il Gotha del pop americano ha lavorato con umiltà e professionismo.

Una sola volta è stato necessario fermare il lavoro, per uno strano disturbo proveniente da uno dei microfoni: era il rumore del tintinnio dei braccialetti di Cyndi Lauper che, una volta chiarito il problema, volentieri se ne separa per un po'.


Il 45 giri viene stampato in una prima tiratura di 800 mila copie, che vanno esaurite in un week-end. In USA vende complessivamente 8 milioni di copie, e altri 8 milioni nel resto del mondo, diventando uno dei 10 singoli più venduti in tutta la storia della musica, vince due Grammy e raccoglie alla fine ben 60 milioni di dollari, che vengono inviati alle popolazioni di Etiopia, Sudan, Angola, Burkina-Faso, Ghana, Mali, Mauritania, Mozambico, Niger, Somalia e Uganda impoverite da fame, guerre civili e carestie di ogni genere.


In USA, oltre a raggiungere il primo posto nella classifica di Billboard dedicata al pop e al rock, il pezzo raggiunge la vetta anche nelle graduatorie disco della suddetta rivista. Un successo forse prevedibile ma comunque piacevole se preso soprattutto come gratificazione per chi a questo progetto si è accostato con vero spirito umanitario e ci ha creduto fin dall’inizio. Nota infelice nell’exploit internazionale del brano è che alcuni grossi distributori inglesi si sono rifiutati di mandare a loro spese il disco nei negozi perchè hanno già perduto abbastanza denaro con il progetto inglese dalla Band Aid. In fondo dal loro punto di vista hanno ragione. I cantanti per incidere un disco gratis non ci perdono nulla anzi, ci guadagnano in immagine. Loro, i distributori, invece sì.


Di We Are The World si potrebbero criticare le parole buoniste, melense, scontate del testo. E difatti sarebbe il caso di farlo. Versi che sembrano usciti dalla penna, intinta nel miele, di Walter l’amerikano Veltroni. Una banalità dopo l’altra, buonismo d’accatto, con tutti quei riferimenti ipocriti all’uguaglianza tra la gente, del costruire un futuro migliore bla bla bla. La differenza sta in questo: se a Michael Jackson viene la dissenteria, con una semplice pillola o con dei fermenti lattici tutto torna a posto e lui se ne torna a letto, involtandosi tra coltri bianche di seta, contornato da amichetti che gli fanno aria con i ventagli. Un suo simile in Mali, tanto per fare un esempio, con la dissenteria ci muore e basta.


1986 Adesso tu



https://youtu.be/Wx3R0vUDG68


E' un Ramazzotti imbronciato ventenne quello che fa il suo ingresso nell'Olimpo dei grandi della canzone con la consacrazione del primo posto fra i Big di Sanremo con "Adesso tu". Questa canzone d'amore tratta di una rivelazione improvvisa che rompe il grigiore della vita quotidiana, vissuta in ambienti d'emarginazione metropolitana, che non sembrano regalare altro che sogni impossibili.

Il motivo raggiunge in breve tempo il 1° posto nella classifica di vendita e ci rimane per diverse settimane. Il 45 giri è contenuto nel primo album di Ramazzotti intitolato "Nuovi eroi". Il titolo sembra essere il presagio di quello che diverrà Eros nel mondo della musica leggera: un eroe, almeno in fatto di vendite di dischi, ed è uno dei pochi cantanti italiani che vende bene anche all'estero.


1987 SI PUO' DARE DI PIU'

https://youtu.be/70bupozYXc4

Ecco un classico esempio di canzone scritta per vincere Sanremo, a partire dagli interpreti e continuando con il testo buonista. Naturalmente anche la parte armonica fa il suo dovere, con una quantità abnorme di settime maggiori e quarte, vale a dire di deboli dissonanze che l'orecchio riconosce come appoggiature o se preferisci come ritardi nel raggiungere l'accordo "corretto". (Se non l'avessi capito, i miei giudizi musicali sono molto personali: ma non puoi aspettarti di più da uno che ha studiato armonia direttamente dagli spartiti di Bach e Beatles). Il ritornello, composto di 19 battute (8+7+4), inizia come un Vero Ritornello, non c'è che dire. Nelle prime due parti, gli accordi fondamentali sono sempre tenuti per due battute, con l'eccezione dell'appoggiatura tra il si minore e il la. Le note che ho aggiunto tra parentesi agli accordi sono le appoggiature fatte con il canto. Sono sempre da intendersi appunto come appoggiature, e quindi risolvere sull'accordo vero e proprio: possono essere un simpatico modo per fare vedere quanto sei bravo.

1988 A groovy kind of love

https://youtu.be/HsC_SARyPzk

1989 Like a prayer


https://youtu.be/79fzeNUqQbQ


In occasione dell'uscita del nuovo CD "American Life" (il migliore da lei mai realizzato, ma i critici statunitensi non sono d'accordo), Madonna ha registrato per MTV uno special nel quale ha eseguito dal vivo alcuni pezzi dell'album. In conclusione, un omaggio ai fans: dopo tredici anni (no, non siamo a Carramba!) la popstar ha cantato "Like a prayer", uno dei suoi più grandi successi di sempre. Il ricordo di questa canzone, che dà il titolo ad un album pubblicato nel 1989, é indissolubilmente legato al videoclip con cui è stata lanciata. Un videoclip che suscitò grande scandalo per il contenuto da molti giudicato blasfemo e che ebbe, tra le varie conseguenze (quasi tutte positive in termini di pubblicità per il disco), quella di vanificare un contratto pubblicitario da cinque milioni di dollari firmato dalla cantante con la Pepsi: l'infinita coda di polemiche che il video si trascinò dietro indusse infatti i dirigenti della multinazionale a ritirare dalla circolazione uno spot nel quale Madonna interpretava proprio "Like a prayer" -benché in un contesto completamente diverso da quello che aveva sollevato il polverone- onde evitare qualsiasi forma di confusione tra il prodotto reclamizzato e le immagini scabrose proposte da Lady Ciccone.


E dire che la trama del video è di per sé addirittura edificante: la protagonista, un'inedita Madonna con i capelli castani, è testimone dell'aggressione ad una donna nel cuore della notte. Mentre i veri malviventi (bianchi) se la svignano, un ragazzo di colore accorso in aiuto viene ingiustamente ritenuto responsabile dell'accaduto ed arrestato. Sarà la nostra eroina a far trionfare la giustizia, scagionando l'innocente. Peccato che, prima di maturare la decisione che porterà al lieto fine, la cantante debba, più o meno nell'ordine: entrare in una chiesa in sottoveste, assistere alla lacrimazione della statua di un santo che poi si trasforma in persona umana (toh, assomiglia al ragazzo finito in prigione!), scambiarsi varie effusioni col neo-reincarnato, ricevere le stimmate da un coltello caduto dal simulacro ed incautamente raccolto, ballare incitata da un coro che sembra essersi materializzato dal nulla, dimenarsi in un campo pieno di croci infuocate. Alla fine il redivivo torna a svolgere il suo onesto mestiere di statua e Madonna si sveglia al canto del coro: era solo un sogno, ora si può andare al commissariato e mettere la parola "amen" alla storia.


Il tutto per promuovere un pezzo che di trasgressivo ha ben poco, sia nel testo che, nonostante i ripetuti riferimenti alla religione, pare ispirato al più classico degli amori terreni, sia nella musica. Quest'ultima, tuttavia, riserva qualche sorpresa: in primo luogo perché, nonostante una certa leggerezza di fondo, segna un passo in avanti rispetto alla dance un po' stereotipata che aveva spadroneggiato nei precedenti dischi della star; e poi perché fonde in maniera credibile generi diversi come il rock, il gospel e la musica da discoteca. Si comincia con un riff di chitarra elettrica (che ricorda un passaggio di "Jesus Christ Superstar"), quasi subito spezzato dal rumore di una porta che si chiude. A questo punto Madonna intona la prima strofa accompagnata da un suono simile a quello di un organo e da un coro. Sembra un canto di chiesa, ma l'effetto dura poco: nel giro di pochi versi il tutto si interrompe lasciando spazio alle chitarre, al basso ed alle percussioni dell'accattivante e chiassoso ritornello, nel quale Madonna ritrova il ritmo dei suoi hit più celebri. Per poi tornare alla quiete sacrale delle due successive strofe, differenti dalla prima nella linea melodica. Il coro diventa protagonista assoluto nell'esaltante finale gospel, momento migliore del pezzo: d'altra parte voci così strepitose renderebbero accettabile qualsiasi canzone, e questo lo hanno imparato in molti.


Lo pseudo-gruppo dei Mad'House, invece, non ha neppure perso tempo a farsi spiegare da Madonna come si confeziona un buon successo pop, trovando più conveniente incidere una serie di improponibili cover techno-dance dei brani più famosi della Divina per un album che ha visto la luce nel 2002. L'astuta manovra ha consentito loro di raggiungere, proprio con "Like a prayer", i vertici di alcune classifiche europee ma, fortunatamente, poco in quelle italiane.


1990 Un'estate italiana



https://youtu.be/jYIIa20o6Ng


Chi non ricorda le "notti magiche" di Edoardo Bennato e Gianna Nannini in occasione dei mondiali '90? Sbancarono l'hit parade, arrivando al primo posto in classifica ed il brano fu in assoluto il più venduto dell'anno. Il suo titolo completo era "Un'estate italiana", ed il brano fu proposto anche da Giorgio Moroder per il mercato internazionale col titolo "To be number one".

Il trionfalismo del testo suonò poi beffardo alla luce della delusione sportiva, ma il brano, uscito quasi un anno prima rispetto alla manifestazione, fu un successone, restando per svariate settimane in vetta alla Hit Parade.


1991 Black Or White

https://youtu.be/F2AitTPI5U0 

1992 Why



https://youtu.be/HG7I4oniOyA


Al primo ascolto ti sembra interminabile, al secondo già troppo breve. Ma si può sempre rimediare utilizzando il tasto "repeat". Anche perché non c'è molto altro da ascoltare in "Diva", primo album solista di Annie Lennox (e forse non c'è molto neppure nel nuovissimo lavoro "Bare"), e sicuramente nulla che sia paragonabile alla soavità e all'eleganza di questa "Why", brano d'apertura del disco.

Non potendo più contare sulla potenza vocale dei primi anni di militanza negli Eurhythmics, la Lennox si rifugia adesso in un moderato soul-pop che le risparmia il confronto diretto con le grandi regine della black music (confronto dal quale uscirebbe inevitabilmente perdente) e fa sì che la "vocalist" lasci finalmente spazio all'interprete: un'interprete sofisticata, mai sopra le righe nonostante una certa inclinazione alla teatralità, grintosa ma non aggressiva. E dotata di un'indiscutibile presenza scenica, come conferma il video di "Why" che ce la mostra davanti allo specchio di un camerino mentre, con aria dimessa, si trucca e si veste trasformandosi gradualmente nella "diva" che al termine poserà altezzosa per la foto di copertina del CD.


Questo connubio tra una grande voce e un carisma quasi da attrice ha fatto apparire la svolta solista della cantante come un fatto quasi inevitabile. Non era altrettanto scontato, invece, che questo secondo esordio fosse caratterizzato da brani scritti quasi esclusivamente da lei, forse perché si pensava che la componente più strettamente musicale degli Eurhythmics fosse costituita dall'altra "metà" Dave Stewart. Invece la Lennox riesce a stupire anche come autrice confezionando per il suo primo singolo (al numero uno in Italia ed in Inghilterra) una melodia senza tempo che avvolge l'ascoltatore con il suo incedere lento e malinconico. E lo cala perfettamente nella storia narrata: quella di un amore che, tra litigi ed incomprensioni, sta inesorabilmente naufragando.


L'assenza di Dave Stewart si farà sentire più avanti nell'album, ma non qui. Qui è quasi tutto perfetto. E quel "quasi" è la produzione plastificata di Stephen Lipson che, probabilmente, pensa di avere ancora fra le mani i Pet Shop Boys.


1993 Sei un mito



https://youtu.be/a1SDoK92FwM


883: all'epoca Max Pezzali e Mauro Repetto. Il successo degli 883 sta nel fatto che i loro testi sono semplici e raccontano le storie di tutti i giorni vissute dai ragazzi. Dopo la pubblicazione del primo albun "Hanno ucciso l'uomo ragno" che sembra abbia superato il mezzo milione di copie vendute, arriva l'anticipazione del loro 2° album: "Sei un mito", che è un altro centro.

Una canzoncina con facili parole che rimane subito nella mente. Gli 883 fanno ballare e canticchiare e sono diventati per restare in tema, dei piccoli miti del popolo dei ragazzi nelle discoteche e sulle spiagge. L'album che contiene questo singolo è "Nord Sud Ovest Est" uscito nell'estate del 1993. Nella HitParade settimanale arrivarano come un razzo al N. 1 ed in quella annuale nella Top Ten.


1994 Streets of Philadelphia

https://youtu.be/4z2DtNW79sQ

1995 Bombastic

https://youtu.be/pZ-oEuWMszs

La pubblicità, quanti soldi fa fare la pubblicità... E' risaputo, ed anche la colonna sonora di un famoso spot della Levi's fece centro nel 1995. Nello sketch, un pupazzetto di gomma diventava il protagonista della canzone "Mr. Bombastic lover fantastic". Con questo rap il quasi sconosciuto Shaggy conquistò immediatamente l'Hit parade in Italia arrivando al N.1.

Fu proprio un successo incredibile, tanto da portare questo motivo nella chart dell'anno addirittura al 2° posto, alle spalle solamente di Coolio con "Gangsta's Paradise", un altro brano rap (la musica del momento).

La bombasticmania non ha colpito solo l'Italia, dove il brano è rimasto in classifica per 4 mesi, ma anche l'Inghilterra non ne è stata immune: nelle isole britanniche, infatti, il pezzo arrivò al N.2 nella classifica dei singoli. Col tempo "Boombastic" ha spopolato in tutto il mondo, fino a conquistare un disco di platino in America e un Gramy Award per Best Reghet.

Curiosità: Shaggy è stato nell'esercito e ha partecipato all'operazione "Desert Storm". Tornato in America, tutti i fine settimana andava alla base militare di New York per fare il DJ.

1996 Gangsta's Paradise

 https://youtu.be/fPO76Jlnz6c

1997 Barbie Girl

https://youtu.be/ZyhrYis509A

Gli Aqua sono: Lene G. Nystrom. Renè Dif, Claus Norreen, Soren Rasted ed arrivano dalla Danimarca. "Barbie Girl" ha incominciato ad essere trasmessa negli Stati Uniti nel Maggio del 1996 ed a metà Agosto del 97 il singolo ha debuttato al N.7 nella classifica di Billboard. Ma insieme al successo per il gruppo sono arrivati anche dei grossi guai: la Mattel, casa produttrice della bambola Barbie aveva infatti presentato causa presso la United States Federal Court. La causa conteneva vari punti, ma quello principale è la violazione del marchio di fabbrica. Sembra comunque che dopo varie battaglie hanno vinto gli Aqua.

Si narra che l'idea per questa canzone sia venuta a Soren mentre si recava allo studio di registrazione in bicicletta e sembra anche che sia stata scritta in soli 15 minuti. "Barbie Girl" è stata sicuramente la canzone tormentone del 1997, ma anche un successo planetario per questo gruppo appena al loro esordio.

E' stata al primo posto in oltre 30 Paesi tra cui U.K. e Australia. Ha venduto oltre 4 milioni di dischi e finora è il più grande successo degli Aqua tratto dal loro primo album "Aquarium". Nella classifica Europea dei singoli più venduti in Europa secondo i dati di Music & Media si sono classificati al 15° posto.

1998 I don't want to miss a thing

1999 My heart will go on


https://youtu.be/F2RnxZnubCM


Una canzone destinata a restare per sempre nella memoria colletiva, questa di Celine Dion, tratta dal film "Titanic", interpreto da Leonardo Di Caprio, vincitore di 11 Oscar. Ma in fatto di premi questo brano ne ha fatti guadagnare molti anche a Celine: 5 Felix Awards, 4 Juno Awards, 2 Grammy Awards, 3 World Music Awards, non male.

E' stata per 40 settimane nella Chart americana nelle prime posizioni, in Italia è stata in HitParade 17 settimane, raggiungendo il N. 1 nel 1998 e nelle prime 5 pozioni nella classifica annuale e, come ciliegina finale, nella chart Europea ufficiale di Music & Media annuale è stata la N.1


Questo brano è stato incluso anche nell'album intitolato "Let's talk about love" ed anche in questo caso i premi non sono mancati. In soli 7 mesi ha venduto 27milioni di copie in tutto il mondo, ricevendo 15 dischi di platino in Canada, la sua terra natale, 8 in USA, 3 in Francia e 6 in U.K.


Il singolo è una bella ballata d'amore di cui ne esistono 2 versioni: la prima è quella oriiginale tratta dal film "Titanic", la seconda invece è un remix-dance ed è uscita nel Marzo 1998.