Gian Battista Basile 1575

Gian Battista Basile, conosciuto anche come Giambattista Basile, è stato un autore, poeta e scrittore italiano, nato nel 1575 a Napoli, nel Regno di Napoli (oggi Italia), e deceduto nel 1632 nella stessa città. Basile è noto soprattutto per aver scritto una raccolta di racconti popolari intitolata "Lo cunto de li cunti" (Il racconto dei racconti), conosciuta anche come "Pentamerone". Questa raccolta è composta da cinquanta favole, alcune delle quali erano storie tradizionali della cultura popolare napoletana, raccolte e riadattate da Basile."Lo cunto de li cunti" è una raccolta di fiabe ricche di magia, fantasia, e spesso contengono elementi fantastici e sorprendenti. Le storie sono ricche di personaggi fantastici come principi, principesse, streghe e creature mistiche. Queste fiabe hanno influenzato molti autori successivi e sono state fonte d'ispirazione per opere letterarie e culturali nel corso dei secoli. Basile è considerato uno dei precursori delle fiabe europee, contribuendo alla raccolta e alla preservazione delle tradizioni orali del folclore italiano. Le sue storie hanno avuto un impatto duraturo sulla letteratura mondiale e sono state adattate in numerose versioni teatrali, cinematografiche e letterarie.
1200 ca. JESCE SOLE
https://youtu.be/aVgfUle-z7U
"Jesce sole" è, in assoluto, la prima canzone del repertorio classico partenopeo (risalente al 1200) ed è un'antica filastrocca conservataci da Gian Battista Basile (1575-1632), il quale, nella lettera "All'uneco sciammeggiante" ne riferisce i soli due versi iniziali, dandone, poi, l'intero testo nella quarta giornata del "Cunto de li cunti".
"Jesce sole", canzone cantata al suono di calascioni, tamburelli e arpe, nasce nel periodo di Federico II di Svevia, quando il re radunava a se gli uomini d'ingegno e gli artisti. Dalle balze del Vomero si levava il canto semplice, ricco di reminescenze deistiche, all'astro che dà vita il giorno. "Jesce sole" è un'invocazione al sole, decaduta da un'arcaica funzionalità religioso-rituale. Ma, nonostante ciò, la filastrocca è stata conservata e tramandata nel tempo da piccoli scugnizzi partenopei che l'hanno cantata nei loro giochi. Naturalmente, nel corso dei secoli, i versi di "Jesce sole" hanno subito dei cambiamenti, attraverso diverse rielaborazioni (Guglielmo Cottrau, Gaetano Spagnuolo, Ferdinando Galiani, ecc.) che hanno portato, come risultato finale, la "Jesce sole" dei giorni nostri. Certo è che la cantilena napoletana è in assoluto il primo brano del ricco patrimonio musicale partenopeo. Non esiste, infatti, alcuna testimonianza di filastrocche, con versi in vernacolo napoletano, che precedono, in ordine cronologico, questa sorta di nenia. In definitiva, "Jesce sole" è il primo frammento di canzone napoletana pervenutoci. Vogliamo, infine, ricordare, tra le tante ipotesi fatte, la versione di Luigi Serio, il quale ha affermato che la filastrocca era cantata dai ragazzini napoletani quando vedevano 'na maruzza (lumaca) jesce jesce corna ca mammeta te scorna. Due sono le versioni migliori di questo brano: l'interpretazione di Antonella D'Agostino per l'album "La Gatta Cenerentola" (1976) e quella di Antonio Sorrentino nell'album omonimo (1989).