
Il "Canto delle Lavandaie del Vomero": Da Inno d’Amore a Grido di Libertà
Nel cuore del patrimonio sonoro napoletano esiste un brano che, da oltre sette secoli, incarna l’anima resiliente della città: il "Canto delle Lavandaie del Vomero". Risalente con molta probabilità al 1250 circa (sebbene alcuni studiosi ne posticipino la genesi al XIV secolo), questa composizione rappresenta una delle testimonianze più antiche e potenti della cultura popolare partenopea.
Nato originariamente come un delicato canto d’amore, il brano ha attraversato i secoli trasformandosi in un simbolo di resistenza politica, capace di unire l'arcaico rito del lavaggio dei panni alla lotta contro l'oppressore.
Il significato nascosto: la "Moccafora" e la protesta
Ciò che rende il "Canto delle Lavandaie" un pezzo unico nella storia della musica è la sua evoluzione semantica. Durante il periodo della dominazione aragonese, il testo si caricò di significati simbolici e di una forte valenza di protesta sociale.
In questo contesto, il termine "moccafora" (il fazzoletto utilizzato per asciugare il sudore o coprire il capo) smette di essere un semplice oggetto d’uso quotidiano per diventare una metafora della terra perduta o calpestata. Le lavandaie, strofinando i panni sulle pietre del Vomero, non stavano solo compiendo un gesto domestico, ma intonavano un lamento collettivo contro il potere straniero, rivendicando il possesso del proprio territorio.
Il Revival degli anni '70: La Nuova Compagnia di Canto Popolare
Se oggi il grande pubblico conosce e apprezza questa melodia, il merito va alla straordinaria operazione di recupero culturale avvenuta nei primi anni '70. A riportare alla luce il brano fu la Nuova Compagnia di Canto Popolare (NCCP), nel momento di massimo splendore della propria carriera.
Il gruppo ebbe il merito di trasformare un reperto storico in un successo contemporaneo, capace di parlare alle nuove generazioni senza snaturarne l'essenza.
Il rigore filologico di Roberto De Simone
Dietro la bellezza struggente dell’arrangiamento che tutti conosciamo c’è la mano di Roberto De Simone. Il Maestro, con il suo consueto rigore filologico, riuscì a ripulire il canto dalle incrostazioni del tempo, restituendogli la sua cadenza ritmica originale, simile a un battito cardiaco o al colpo ritmato dei panni sull'acqua.
Grazie a questo lavoro di ricerca, il "Canto delle Lavandaie del Vomero" è uscito dagli archivi storici per entrare di diritto nel canone della musica d’autore, restando ancora oggi un esempio insuperato di come la tradizione possa farsi avanguardia.
Perché ascoltarlo oggi?
Il brano non è solo un esercizio di stile, ma un ponte che collega il Medioevo alla Napoli moderna. La sua struttura ipnotica e il suo testo intriso di nostalgia e orgoglio lo rendono un ascolto obbligatorio per chiunque voglia comprendere le radici della canzone napoletana.
https://youtu.be/6Z0hqQP1jDQ
1250 ca. CANTO DELLE LAVANDAIE DEL VOMERO
https://youtu.be/6Z0hqQP1jDQ
1250 ca. CANTO DELLE LAVANDAIE DEL VOMERO Canto d'amore risalente al Duecento (secondo altri, al XIV secolo) divenuto canto di protesta contro la dominazione aragonese, in cui il fazzoletto (moccafora) assume il significato di terra. Fatto conoscere dalla Nuova Compagnia di Canto Popolare nel loro momento di massima popolarità all'inizio degli anni '70. Al solito, l'arrangiamento è dovuto al rigore filologico di Roberto De Simone.

