sabato 1 ottobre 2022

Faces 3

 




Solari regioni diffuse.
Io canto la separazione.
Ma la terra dopo di loro non è più la stessa,
perché le cose che non hanno memoria
non sanno neppure l’oblio.
Nell’albergo resta la forma di un vento
che nessuno vedeva
ed isole emergono ancora da un mare scomparso.

Marea impotente ed abitudinaria,
che torni per distruggere ogni giorno
ed una linea d’erba e di catrame basta a fermarti,
tu che insegni la speranza e la dispersione
e guardi al sale dell’ultima tempesta
come noi alla pietra del ricordo;

marea impotente ed abitudinaria
che costruisci nel tempo un altro tempo,
insegnaci almeno - se altro non puoi –
la rabbiosa pazienza della corrosione.

Solari regioni diffuse,
in quei giorni il mondo doveva finire
o addormentarsi, forse.
Il sole sorge dove vuole
e ti trascina a sé con una corda tesa sul mare.

Coro primo gruppo: Ah (una nota lenta, grave, ondeggiante).
Sofisticata: Solari regioni diffuse / lontane da città soltanto pensate / quando si camminava con l’ombra alle spalle / per cancellare le impronte.
Narcisista: Un’ingenua astuzia perché non ci seguisse qualcuno.
Ad un gesto del presentatore anche il secondo gruppo si unisce al primo.
Coro primo e secondo gruppo: Ah – oh (due note).
Intellettuale: Solari regioni diffuse / lontane da città soltanto pensate / quando si camminava con l’ombra alle spalle / per cancellare le impronte.
Professore: Un’ingenua astuzia perché non ci seguisse qualcuno.
Nuovo gesto del presentatore e anche il terzo gruppo si unisce agli altri.
Coro primo, secondo e terzo gruppo: Ah – oh – ah (tre note).
Nevropatica: Solari regioni diffuse / lontane da città soltanto pensate / quando si camminava con l’ombra alle spalle / per cancellare le impronte.
Professore: Un’ingenua astuzia perché non ci seguisse qualcuno.
Ulteriore gesto del presentatore e tutti all’unisono.
Tutti: Ah – oh – ah – oh (quattro note).
Mezzosangue: Solari regioni diffuse / lontane da città soltanto pensate / quando si camminava con l’ombra alle spalle / per cancellare le impronte.
Biondona: Un’ingenua astuzia perché non ci seguisse qualcuno.
Il coro raggiunge l’apice e si blocca.
Una ouverture solenne e caricaturale spande le proprie note per l’aria.
L’entreneuse e il presentatore vanno al centro e si sfidano ad un duello oratorio.
Presentatore: Io desidero una sponda senza mare.
Entraneuse: (facendogli il verso) Io desidero una sponda senza mare.
Presentatore: (quasi a giustificarsi) Per non coglierne l’invito alla fuga.
Entraneuse: (non credendo a ciò che ha detto) Per non coglierne l’invito alla fuga?
Presentatore: O un mare senza rive / quando la marea trabocca nel vuoto.
Entraneuse: … trabocca nel vuoto!
Insieme: Isole galleggiavano libere / formando arcipelaghi nuovi ad ogni vento / giocando in un caso / che era sempre creazione.
Insieme: (rallentando notevolmente) Forse in giorni come questi il mondo era iniziato.

PRIMA AVVENTURA
Iniziano a questo punto gli itinerari che porteranno i differenti plotoni alla conquista dello spazio scenico.
L’entreneuse fa un cenno e dietro di lei si muovono nell’ordine: una biondona, il suo quarto di pubblico, un mezzosangue.
Destinazione la regione della morte dove li attende la biondina.
Il professore guida quindi il suo quarto di pubblico verso la regione della separazione, dietro a loro si accoda una nevropatica. Li attende, nascosta dal telo della ombre cinesi un mendicante.
La signora sofisticata conduce allora la sua quarta parte di pubblico verso la regione dell’anima, si accodano a lei un narcisista e un presentatore. Li attende nel grosso sacco un ragazzo senza dita.
Raggiunte le rispettive zone hanno inizio simultaneamente quattro recitativi differenti. Il volume sonoro di ciascuna di esse non deve essere tale da coprire o disturbare le altre, tuttavia in ogni regione proviene come un’eco assorta di quanto è detto altrove.
Anche se la recitazione è simultanea per comodità di scrittura ne daremo di seguito una rappresentazione diversificata.

Regione dell’anima:

Anche l’anima come il corpo cresceva.
Ma di quegli anni inspiegabili
non restano neppure i segni a matita
sul bianco del muro,
più sicuri dei cerchi d’un tronco.
Anche un albero e il corpo ricordano,
ma la nostra memoria,
per convincersi d’aver vissuto davvero,
ha bisogno dei segni più chiari
che ritrova un mattino,
quando ti svegli dal lato dell’ombra
e senti la vita segnata
da colpe che tu non capisci.
Si. Anche l’anima come il corpo cresceva.

Questo pezzo viene recitato come una polifonia parlata a tre voci.

Mi sono fermato alle soglie del sonno
quando il corpo oscilla nel vento.
Seguivo le vene ed i nervi per ritrovarne sicuri confini:
ma mi sento perduto.
Io sono un ragazzo che vaga per vie sconosciute
e ad ogni angolo attende, con ansia, qualcosa.
Il mio corpo è il rimorso
dei peccati che un altro ha commesso:
solo l’anima è nuova.
Qualcuno mi ha lasciato ferite che non possono guarire,
e nel sangue la rabbia d’un incontro di carni
interrotto prima che venisse il piacere.
Nelle braccia mi restano la stanchezza e il sudore
della sua fatica.
Ed il fiato è un affanno nervoso,
quasi mi fossi fermato
dopo una corsa fatta nel sonno.
Solo l’anima è nuova,
ma soffoca tra queste pareti di carne.
Urta l’anima nel corpo
come un insetto che stringo nel pugno
ma gli altri non ne sentono neppure il ronzio.


2 IL MIO TEATRO

 

Il mio teatro raccoglie in maniera sistematica i testi teatrali scritti per il gruppo teatrale savonese Atelier Duetiesse e pubblicati sul blog “Homo ludens” (https://nonmirompereitabu.blogspot.com/

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